Navigare lungo i fiumi olandesi come secoli fa: il rewilding restituisce le sponde a castori, cavalli e aironi- Corriere.it

2022-12-07 16:37:05 By : Mr. langbo Lee

Natura lussureggiante, animali selvatici, profili di case e palazzi, mulini a vento, il rumore dei treni ad alta velocità. Non è il fotogramma di qualche film con venature surrealiste, ma realtà. Siamo a Oostvaardersplassen, riserva naturale olandese, situata tra Lelystad ed Almere, nel centro nord del Paese, a poco più di mezz’ora di auto da Amsterdam. Secoli fa era solo un pezzo del Mar del Nord, acqua, niente altro che acqua. Nel 1968 è stato bonificato, è diventato un polder , la parola olandese che definisce i terreni salvati dall’acqua e incastonati nelle dighe . Da lì è nata l’isola artificiale più grande del mondo, con una superficie di oltre settemilacinquecento ettari. Molti l’hanno ribattezzata il Serengeti Olandese, con riferimento allo spettacolare parco immerso nella savana della Tanzania . Qui non ci sono leoni e gazzelle, ovviamente non adatti al clima del Nord, ma la ricchezza della fauna è sorprendente: mandrie di mucche e cervi, stormi di uccelli di decine di specie diverse, cavalli Konig che galoppano in libertà.

Nei Paesi Bassi, un primo tentativo di far tornare un bacino d’acqua allo stato antico è stato travolto quattro anni fa dall’inverno rigido che ha fatto strage di fauna e flora. Ma quel fallimento ha dato energia e idee per fare decollare altre “rinaturalizzazioni”. Come quella sulla Mosa: da finire entro il 2027, già oggi attira biodiversità e turisti

Un prodigio sviluppatosi sotto la guida dell’ecologista Frans Vera e celebrato nel film del 2013 The new wilderness . Gli uccelli sono arrivati nell’area da soli, ma molti altri animali sono stati importati. Sono state introdotte specie simili a quelle vissute in Europa durante il Pleistocene : cavalli Konik dalla Polonia nel 1983, bovini di Heck dalla Germania nel 1984 e cervi rossi dalla Scozia nel 1992. Tutti capi robusti e adatti a una vita selvaggia. Allo stato selvaggio Oostvaardersplassen è uno dei luoghi pionieri del rewilding , che letteralmente vorrebbe dire “rendere di nuovo selvaggio”. È una pratica sempre più diffusa in Europa e negli Stati Uniti con diversi obiettivi.

Il primo è quello di reinstaurare ecosistemi ormai cancellati dall’attività umana reintroducendo varie specie di animali e lasciando che arrivino poi a governarsi da sole. Il secondo è il tentativo di arginare il crollo della biodiversità, che negli ultimi decenni è aumentato vertiginosamente, coinvolgendo l’80 per cento di mammiferi, rettili, insetti e uccelli: in particolare, secondo l’ultimissimo report del Wwf, la fauna delle acque dolci - laghi e fiumi - ha visto scomparire l’83 per cento delle specie in cinquant’anni . Una strage irreversibile. L’uomo, con i suoi insediamenti, non è ammesso nelle aree di rewilding , ma ne trae comunque vantaggio, avendo a disposizione acqua e aria più pulite, posti di lavoro e il possibile sviluppo di un nuovo tipo di turismo. Oltre a una serie di benefit non quantificabili derivati dalla possibilità di godere della bellezza e della salubrità dell’ambiente.

Cintura verde L’idea ha preso piede anche grazie alla testimonianza di alcuni casi concreti, su tutti quello della “Cortina verde”, nota anche come European Green Belt , uno spettacolare corridoio naturale cresciuto lungo il tracciato della Cortina di Ferro. Quello che un tempo il confine simbolico tra due poli opposti in uno dei periodi più bui della nostra storia recente è oggi un trionfo rigoglioso di verde, acqua e cinguettii, grazie all’assenza dell’intervento umano che lo ha liberato da costruzioni e infrastrutture. A sostegno del progetto, nel 2011, è nata persino un’associazione, Rewilding Europe, che si occupa di diffondere il verbo del ritorno alla natura selvaggia in tutta Europa . «Dobbiamo essere ottimisti», sostengono, «dopo anni di continuo declino stanno aumentando diverse specie di animali selvatici, come cervi, castori, bisonti, stambecchi e persino lupi. Madre natura sa essere prodigiosa quando viene lasciata libera di agire».

L’idea ha preso piede anche grazie alla testimonianza di alcuni casi concreti, su tutti quello della “Cortina verde”, nota anche come European Green Belt

Al momento Rewilding Europe sta lavorando a nove progetti che coinvolgono Spagna, Svezia, Bulgaria, Portogallo, Romania, Croazia, Ucraina, Romania, Moldova, Germania, Polonia, Scozia e pure Italia, nella zona dell’Appennino centrale, con un’attenzione particolare all’orso marsicano e all’incremento dei corridoi di coesistenza per avvicinare i boschi alle zone più vivaci dell’economia locale .

I problemi della crescita incontrollata

Dunque il rewilding è davvero un sogno realizzabile di ritorno a una natura padrona e incontaminata senza controindicazioni? Non sempre, o meglio, non del tutto. E a dimostrarlo è proprio il caso di Oostvaardersplassen, dove tra il 2017 e il 2018 si è consumata una strage di flora e fauna. Un inverno particolarmente rigido e la crescita incontrollata degli esemplar i hanno portato alla morte del novanta per cento degli animali della riserva. Di 5.200 ne sono rimasti solo 1.850. Molti sono stati uccisi dalla guardia forestale per evitare loro una fine lenta e terribile per mancanza di cibo. Nella primavera di quell’anno Oostvaardersplassen era un luogo spettrale: alberi morti stesi su erbacce, carcasse di animali lasciate ai corvi e agli insetti, cavalli e cervi scheletrici. Dopo lo scandalo un comitato coordinato dal governo provinciale ha deciso che gli erbivori a Oostvaardersplassen devono essere al massimo 1.500, se aumentano vengono spostati in altre aree. Un veterinario controlla gli animali e quelli in condizioni critiche vengono nutriti durante l’inverno . «Da allora molto è cambiato. Negli ultimi tre anni non c’è mai più stato un solo animale morto di fame, sono tutti sani e bellissimi», ha spiegato al giornale britannico The Guardian il ranger Hans-Erik Kuypers.

Oggi il terreno del parco è suddiviso in vari blocchi, a ognuno corrisponde un habitat diverso: praterie umide e secche, canneti, distese fangose e boschi. L’acqua è livellata da dighe, canali e pompe. I ranger riescono a ricreare intenzionalmente periodi di siccità alternati a periodi di pioggia che aiutano il mantenimento dell’habitat. Al momento è in corso un abbassamento del livello dell’acqua programmato per tre anni, una sorta di ripristino delle paludi che dovrebbe stimolare la crescita di nuovi canneti e aiutare così specie di uccelli come oche, aironi e limicoli . Altri, come le spatole, le garzette e i tuffetti potranno beneficiare dell’aumento dei piccoli pesci di cui si nutrono, come lo spinarello. Sono stati inoltre ricreati fossati lunghi chilometri per dare agli animali un maggiore riparo. «Vogliamo rendere questo luogo biologicamente sempre più ricco. È un grande esperimento umano e naturale», ha detto Kuypers, «Qui creiamo la natura, lasciamo che sia lei a governare il più possibile, ma abbiamo anche un enorme impatto e una enorme responsabilità come esseri umani. Ad esempio ogni volta che arriva una persona gli uccelli volano via, se lo si fa dieci volte al giorno per loro è un dispendio energetico enorme. Noi qui siamo ospiti e non dobbiamo dimenticarlo. Personalmente non credo che il termine rewilding rispecchi al meglio il nostro progetto, preferisco chiamarlo “sviluppo della natura”, suona più interessante in olandese che in inglese».

Ecosistemi per un futuro migliore

Secondo il dottor Paul Jepson, responsabile dell’innovazione presso la società di consulenza per il rewilding Ecosulis, questo tipo di progetto non dovrebbe puntare alla creazione di uno stato naturale perfettamente strutturato e pensato nel minimo dettaglio, ma più semplicemente, alla creazione di ecosistemi che permettano un futuro migliore. Le critiche a Oostvaardersplassen, con il loro clamore mediatico, hanno offuscato la creazione di trasformazioni simili nei Paesi Bassi ma non si può negare che sia stato un esempio pionieristico e abbia cambiato il volto della conservazione naturalistica. In particolare è stato la molla che ha fatto decollare progetti come Gelderse Poort e, soprattutto, quello che sta cambiando il panorama della Mosa, il fiume che scorre nel Sud del Paese: il Border Meusa Project (lungo la Mosa, appunto). Il suo letto è stato allargato e abbassato, i lavori di riassetto fluviale sono già stati completati lungo 50 chilometri del corso d’acqua con la modifica “dolce” del paesaggio, in contrapposizione con cinque secoli di approccio ingegneristico idrico che qui è sempre stato diretto a creare grandi infrastrutture per recuperare terra al Paese.

Navigando lungo il fiume Mosa si ha la sensazione di tornare indietro a un tempo lontano . Il ritorno alla natura sta riportando ogni cosa al proprio posto: le faine fanno la tana per i piccoli lungo le rive, castori e lontre sono riapparsi, e sembra che possano farlo presto perfino i lupi, che qui si stanno ripopolando. Si vedono ovunque mucche e cavalli pascolare liberi lungo le sponde, dove solo un reticolo di sentieri permette ai turisti di muoversi, a piedi o in bicicletta. I lavori di ripristino della Mosa, iniziati nel 2007, dovrebbero concludersi fra cinque anni . Una parte essenziale è rappresentata dalla separazione della terra “selvaggia” da quella lavorata dall’agricoltura con l’acquisto di fattorie lungo il letto in modo da riportare l’area allo stato naturale: quella in cui già oggi due milioni di visitatori all’anno vengono a immergersi.